Vemurafenib e Obinutuzumab come terapia di prima linea per la leucemia a cellule capellute
La leucemia a cellule capellute ( HCL ) è caratterizzata dalla lesione genetica sottostante di BRAF V600E e dalla reattività agli inibitori di BRAF.
Sono state valutate la sicurezza e l'attività dell'inibitore di BRAF Vemurafenib ( Zelboraf ) combinato con Obinutuzumab ( Gazyvaro ) nei pazienti con leucemia a cellule capellute precedentemente non-trattati.
È stato condotto uno studio clinico multicentrico a braccio singolo su Vemurafenib più Obinutuzumab.
Vemurafenib 960 mg due volte al giorno è stato somministrato per 4 cicli e Obinutuzumab è stato somministrato nei cicli da 2 a 4.
L'endpoint primario era la remissione completa ( CR ). Gli endpoint secondari includevano la valutazione della sicurezza, della malattia minima residua ( MRD ) e del carico allelico BRAF secondo la reazione a catena della polimerasi digital droplet ( ddPCR ).
Sono stati arruolati 30 pazienti nello studio e 27 pazienti hanno completato tutti e 4 i cicli di trattamenti e hanno raggiunto la remissione completa ( 90% ).
3 pazienti hanno interrotto prematuramente lo studio a causa di eventi avversi e non erano valutabili per la risposta.
Dei 27 pazienti che hanno raggiunto la remissione completa, 26 ( 96% ) hanno raggiunto la negatività della malattia minima residua.
L'allele BRAF V600E non è risultato rilevabile mediante ddPCR in tutti i 21 pazienti valutabili.
A un follow-up mediano di 34.9 mesi, nessun paziente ha avuto una recidiva della malattia. Gli eventi avversi più comuni correlati a Vemurafenib sono stati rash e artralgia.
In 2 pazienti si è verificata neutropenia febbrile e in 2 pazienti sono state necessarie trasfusioni di sangue o piastrine.
La combinazione di Vemurafenib e Obinutuzumab per un periodo limitato ha raggiunto la remissione completa in oltre il 90% dei pazienti con leucemia a cellule capellute non-trattati in precedenza.
In questo piccolo studio non è stata osservata resistenza acquisita a Vemurafenib o tossicità dose-limitante. I pazienti non sono stati osservati abbastanza a lungo per rivelare neoplasie secondarie. ( Xagena2023 )
Park JH et al, NEJM Evid 2023; 2
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